Italia: “Caput mundi” degli allevamenti elicicoli
Gli antichi romani amavano mangiare le chiocciole. Una leggenda narra che, durante l’assedio di Cartagine, un soldato romano che seguiva il percorso delle lumache che stava catturando, trovò un passaggio segreto sotterraneo, attraverso il quale i romani riuscirono a penetrare dentro le mura della città. Alla distruzione di Cartagine avevano resistito però le chiocciole che i veterani romani portarono in patria nella zona di Alba Fucens (una delle colonie romane più antiche ora in provincia dell’Aquila) per allevarle nei loro giardini. Ancora oggi è possibile trovare tra le rovine la lumaca “Helix Aspersa” figlia, dopo secoli di generazioni, della chiocciola di Cartagine.
Plinio il Vecchio, descrive nella sua “Naturalis Historia” (77-78 d.C.), di come i ricchi del tempo mangiavano molte chiocciole provenienti da allevamenti in cui le bestiole venivano ingrassate con farine di cereali ed erbe aromatiche. Pare che l’inventore di tali allevamenti sia stato Fulvio Lippino (nel 49 a.C.) che importava chiocciole da tutte le parti del mondo allora conosciuto (Africa settentrionale, Spagna, Sardegna, Sicilia, Capri). Nella sua proprietà di Tarquinia aveva numerosi vivari distinti secondo le diverse specie. Ognuna di esse aveva caratteristiche uniche. L’idea fu ben presto copiata dai romani i quali iniziarono a costruire piccoli recinti da ingrasso vicino a casa chiamati “cocleari“, intesi come allevamenti o vivai casalinghi per disporre di lumache sempre fresche. Il nome fu concepito per distinguersi da allevamenti di altri animali chiamati vivarium.
Roma, “Caput mundi“, insegnò alle popolazioni delle Gallie come degustare le chiocciole. I francesi, come si sa, non hanno dimenticato l’insegnamento.
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